Antichità
L’isola d’Ischia era abitata fin dal Neolitico, come dimostrano i vari reperti ritrovati ad esempio sulle alture di punta Imperatore, nella frazione di Panza nel comune di Forio, nella zona sud-ovest dell’isola.
Il ritrovamento fortuito di muri a secco, avvenuto nel 1989 a seguito di uno smottamento, in località punta Chiarito, avvenuto sempre nella frazione di Panza, ha dato l’avvio tra il 1993e il 1995 ai lavori di scavo che hanno permesso il ritrovamento di una fattoria greca e ha permesso di anticipare lo sbarco dei primi coloni greci di circa venti anni rispetto all’originaria ipotesi, cioè intorno al 790, 780 a.C. Inizialmente, si riteneva, infatti, che lo sbarco fosse avvenuto proprio a Monte Vico, nel comune di Lacco Ameno, dove i coloni euboici arrivati da Eretria e Chalkis nell’VIII secolo A.C. avrebbero stabilito un emporio per il commercio con gli Etruschi della terraferma.
Grazie agli scavi del 1993, si ritiene che i primi coloni si stabilirono a S-O dell’isola, sulle alture di punta Chiarito, a Panza, frazione del comune di Forio. La baia di Sorgeto, che si trova ai piedi di punta Chiarito, offre un riparo ideale per le navi, soprattutto dai venti di scirocco, un requisito importante per i Greci, nella scelta di un approdo. Tale requisito, infatti, non è presente nella zona di monte Vico e costituiva per gli studiosi una non facilmente spiegabile anomalia.
A vent’anni circa dall’originario sbarco, colonizzata buona parte dell’isola, viene fondata la colonia di Pithecusa, il cui centro principale sarà, però, sulle alture di monte Vico, nella zona nord dell’isola, prospiciente il continente, in modo da avere un più rapido scambio con la terraferma. Con il suo porto a colonia fece fortuna grazie al commercio del ferro con il resto dell’Italia; nel periodo di massimo splendore contava circa 10.000 abitanti.
Nel 1953, nella necropoli di San Montano a Lacco Ameno, l’archeologo tedesco Giorgio Buchner ritrovò la coppa di Nestore , risalente al 725 a.C. circa. Costituisce il più antico esempio pervenutoci di poesia scritta in lingua greca.
(GRC)
«Νέστορος εἰμὶ εὔποτον ποτήριον ὃς δ’ ἂν τοῦδε πίησι ποτηρίου αὐτίκα κῆνον ἵμερος αἱρήσει καλλιστεφάνου Ἀφροδίτης»
(IT)
«Io sono la bella coppa di Nestore, chi berrà da questa coppa subito lo prenderà il desiderio di Afrodite dalla bella corona»
Nel 474 A.C. l’isola è occupata dal Tiranno Siracusano nel quadro delle sue campagne espansionistiche.
Epoca romana
Dal IV Secolo A.C, dopo le guerre sannitiche, l’isola passò con Napoli sotto il dominio romano, e divenne centro di attività commerciali e manifatturiere. Oltre al sito di origine greca di Pithecusae (località Mazzola sopra Lacco Ameno), è stato infatti individuato in località Carta Romana, nello specchio d’acqua antistante l’isolotto del Castello Aragonese, un insediamento industriale comprendente una fonderia di piombo e stagno (da cui il nome di Aenaria) e una fabbrica di vasellame, i cui reperti più significativi, lingotti di piombo iscritti (di provenienza iberica), stagno e taluni oggetti ceramici, sono esposti nella sala VIII del Museo Archeologico di Pithecusae a Lacco Ameno. Il sito, a 5-7 metri sotto il livello del mare, sprofondò per bradisismo verso il 130-150.
Nell’immaginario latino l’isola era associata anche alla figura di Enea, che qui avrebbe fatto scalo. Virgilio la identificò con Arime, isola citata nel’Iliade(II, 783).
Qui trovò rifugio Gaio Mario inseguito da Silla. Per punire i napoletani di ciò, Silla sottrasse l’isola al loro dominio assoggettandola direttamente al Senato di Roma. Qualche decennio dopo, tuttavia, Augusto la restituì alla città di Napoli, tenendo per sé la prediletta capri.
Saccheggi e scorribande
Con la decadenza dell’Impero, Ischia fu soggetta a saccheggi barbarici da parte di Visigoti (410 circa) e Vandali(dopo il 430). Nel 476, con la caduta dell’Impero d’Occidente, Ischia entrò nel dominio di Odoacre, mentre nel 493 entrò a far parte, con l’intera penisola, del regno ostrogoto di Teodorico il Grande Intorno al 536 fu conquistata dagli eserciti bizantini capitanati da Belisario. In seguito alla riorganizzazione dell’Italia bizantina, conseguente all’invasione longobarda (568), Ischia entrò a far parte del ducato bizantino di Napoli, dipendente dall’Esarcato d’Italia.
Tra il IX e il X Secolo l’isola è esposta alle scorrerie dei saraceni: di quella di agosto dell’812 si ha memoria in una lettera del papa Leone III a Carlo Magno; un’altra è ricordata nell’847, quando alcune navi islamiche, rifugiatesi a Ischia per una tempesta, sono distrutte dai sorrentini che avevano in precedenza subito attacchi di musulmani, e un’altra ancora nel 991.
I saraceni non erano interessati a conquiste permanenti: le loro scorrerie erano infatti finalizzate al saccheggio e alla cattura di schiavi e non all’occupazione. Così gli ischitani svilupparono varie tecniche di resistenza, il cui fulcro era il castello, fortificato già da Gerone I nel V secolo a.C..: all’avvistamento delle imbarcazioni saracene gli abitanti dei casali di campagna venivano avvisati dal suono della , usata a mo’ di corno, che si diffondeva da un casale all’altro, e si mettevano in salvo come potevano – rifugiandosi nel castello, se abbastanza vicini, o in grotte scavate nel tufo, o disperdendosi per le campagne.
Il basso medioevo
Fino al 1130 Ischia segue le sorti di Napoli sotto i duchi, finché nel 1135, Ruggero il Normanno saccheggia l’isola, nuovamente invasa da Tancredi, il cui figlio Guiglielmo III fu vinto da Enrico di Svevia. Nel 1194 genovesi e pisani invadono l’isola e, occupata la fortezza di Gerone, consegnano l’isola ad Enrico VI.
Succeduta con Federico II al governo degli Altavilla, la dinastia Hohenstaufen prende il governo dell’isola nel 1214.
Prima che Carlo, conte d’Angiò, fosse incoronato re di Napoli, Ischia, tenuta dai conti di Ventimiglia dopo la caduta di Manfredi, è invasa dalla galee pisane con lo scopo di provocare una sommossa contro Carlo d’Angiò a favore di Corradino. Non riuscendo nell’intento, i pisani si abbandonano a massacri e ruberie. Re Carlo I, vittorioso dopo la battaglia di Tagliacozzo (1268), ordina un’inchiesta e convoca rappresentanti dei vari casali dell’Isola che confermano la loro fedeltà al nuovo re. Nel testo della deposizione compaiono:«11 uomini de casale Moropani (poi diventato Buonopane), 7 de casale de Vico (Lacco Ameno), 11 de casale Furio (Forio), 5 de Villanova (Panza), 22 de guarno (guarnigione nel castello), 3 de Sancto Sosso (sul continente)».
Con Carlo I ha inizio l’opera di fortificazione del futuro Castello Aragonese e la sua dinastia procede al riordino delle vecchie strutture del governo dell’isola. Nel 1282, però, accesa la scintilla in Sicilia da Giovanni da Procida, gli isolani cacciano gli Angioini e acclamano re Pietro III d’Aragona, marito di Costanza di Hohenstaufen, l’unica figlia di Manfredi, sfuggita a Carlo d’Angiò che per punire l’isola, la invade nuovamente. Alla morte di Carlo I d’Angiò, l’isola passa nelle mani del nipote Carlo Martello d’Angiò, in attesa del legittimo erede Carlo II d’Angiò detto “lo Zoppo”. Il 22 giugno 1287, Ischia passa sotto il governo di Carlo II d’Angiò, che grava di un pesante dazio il vino uscente dall’isola. Gli isolani indignatisi sotto la guida di Piero Salvacossa hanno la meglio sulle galee angioine inviate a sedare gli animi. Ma nel 1299 Carlo II invia 400 sgherri sull’isola allo scopo di riconquistarla facendo sgozzare il Salvacossa. Nel gennaio del 1301 una terribile eruzione squassa l’isola che abbandonata da molti isolani si ripopola solo nel 1305. Nel 1309 succede a Carlo II, Roberto d’Angiò detto il Saggio e alla morte di questi Giovanna I d’Angiò. La lotta per il trono si accende traLuigi d’Angiò e Carlo III di Durazzo. Il primo occupa Ischia nel 1385 riconquistata l’anno seguente dal figlio di Carlo III, Ladisdao II. Alla sua morte, gli succede Giovanna II senza prole. I baroni allora chiamano il figlio di Luigi II d’Angiò Luigi III ma Giovanna II gli oppone Alfonso IV d’Aragona.
Il dominio aragonese
Alfonso V di Aragona approda a Ischia nel 1423, su invito di Michele Cossa, cittadino d’Ischia e IV signore di Procida e occupato il Castello Aragonese, lo ristruttura e vi si stabilisce in attesa di poter conquistare anche Napoli. Nel 1441, partendo da Ischia, assedia Napoli dove può trionfalmente entrare il 26 febbraio del 1443. Per ricompensare gli isolani dell’appoggio fornito, il sovrano concede ampi favori all’isola. Innamorato dell’isola, ne affida il governo alla sua favorita Lucrezia d’Alagno al cui fianco scorrazza per i boschi di Campotese a Panza e di Piano Liguori a Ischia trasformati in sue riserve di caccia. Lucrezia d’Alagno affida a sua volta il governo dell’isola, al cognato Giovanni Toriglia o Torella.
Morto nel 1458 e lasciato sul trono il figlio Ferdinando I, i baroni napoletani e lo stesso Toriglia alzano bandiera angioina. Lucrezia è costretta all’esilio, mentre si attende l’arrivo di Giovanni d’Angiò, figlio di Renato d’Angiò. Il figlio di Alfonso V di Aragona, re ferrante o Ferdinando, desideroso di difendere i privilegi degli aragonesi, ordina ad Alessandro Sforza di occupare l’isola e di cacciare il Toriglia.
Ferrante vince contro Giovanni d’Angiò a Troia, in Puglia e lo sconfitto fa rotta verso ovest, poter poi riparare a Ischia. L’isola, nel frattempo, era stata parzialmente rioccupata dal Toriglia, grazie all’aiuto dei Cavalieri di Rodi. Ferrante tuttavia non si perde d’animo e insieme ad Alessandro Sforza, con due galee fa rotta verso Ischia. Qui ha ragione sui ribelli ed entra trionfalmente nel Castello Aragonese. Nel 1494, muore Ferrante. Il figlio di Alfonso II si prepara a fermare Carlo III che di lì a poco incombe sull’Italia. Abdica perciò a favore del figlio Ferdinando (o Ferdinando II).
Carlo VIII scende trionfante lungo la Penisola e Ferrandino, caduta Napoli in mano francese si rifugia a Ischia, portando con sé la vecchia regina Isabella, la figlia Giovanna (divenuta poi sua moglie), Innico d’Avalos, Giovanni Pontano e Jacopo Sannazzaro. Vi resta un mese, facendo rotta poi verso Messina dove lo attende il fratello. Affida il governo dell’isola a Innico d’Avalos, marchese del Vasto, che rifiuta di arrendersi a Carlo VIII. Questi affidaa Ludovico Sforza, il compito di assaltare l’isola.
La famiglia d’Avalos: Innico e Costanza
Il 6 giugno1496 Ludovico Sforza prova inutilmente ad assalire la roccaforte isolana. Innico II d’Avalos eroicamente mette in fuga l’assaltatore.. Ludovico Ariosto celebra l’eroismo di Innico d’Avalos nel suo Orlando furioso:
«Vedete Carlo ottavo, che discende da l’Alpe, e seco ha il fior di tutta Francia, che passa il Liri e tutto ‘l regno prende senza mai stringer spada o abbassar lancia, fuor che lo scoglio ch’a Tifeo si stende su le braccia, sul petto e su la pancia; che del buon sangue d’Avalo al contrasto la virtù trova d’Inico del Vasto.»
(Canto XXXIII ott.24)
Ferrante II torna dalla Sicilia, premia Innico II d’Avalos e la città di Ischia, ma il 7 ottobre 1496, muore, lasciando il regno allo zio Federico, che non ha la forza di fermare la lotta tra Francia e Spagna per il trono di Napoli. Affida perciò il governo del regno al generale Aubigny e si trasferisce con la famiglia a Ischia. Giuntovi, affida a titolo feudale l’isola a Innico II di Avalos, con tutte le riserve, i boschi e il padiglione di caccia che possiede nei tenimenti di Panza.
Fa incidere a lettere d’oro sul frontespizio della cattedrale del Castello Aragonese l’iscrizione latina:[19] Quorum eximia servitia in omni tempore nostra fortuna elucescunt. Catturato e tradotto in Francia, Federico, che è trattato da amico da Luigi XVII scrive a Innico II d’Avalos di cedere Ischia a Luigi XII. Innico II d’Avalos rifiuta e con sua sorella Costanza d’Avalos si prepara a respingere l’attacco francese. Muore in battaglia nel 1503 e Costanza d’Avalos, nuova castellana d’Ischia, oppone una fiera resistenza ai francesi per ben 3 anni.
Vinti i francesi, il regno passa nelle mani di Ferdinando il Cattolico, che grato per la fedeltà dimostratagli, affida il governo dell’isola a Costanza d’Avalos che si circonda di poeti e cavalieri, trasformando il Castello Aragonese, nel cenacolo dei letterati e degli artisti del tempo. Ferdinando il Cattolico le rende visita nel 1507. Il regno di Napoli passa nelle mani di Giovanna di Trasmàra, madre di Carlo V. Costanza d’Avalos richiama a Ischia, suo nipote Fernardo Francesco d’Avalos, figlio di Alfonso d’Avalos, che qui sposa, il 27 dicembre 1509, Vittoria Colonna, marchesa di Pescara.
È a Ischia che Vittoria Colonna apprende che il marito è morto nella battaglia di Pavia nel 1525. Ischia è perciò ora sotto il controllo del cugino, Alfonso d’Avalos, marchese del Vasto. Nel gennaio del 1538 Alfonso d’Avalos è nominato governatore della Lombardia e lascia per sempre l’isola.
Il pirata Barbarossa
Nel 1535 Carlo d’Angiò era sbarcato a Napoli per celebrare il trionfo di Alfonso d’Avalos che sotto le mura di Tunisi aveva sconfitto centocinquantamila turchi comandati dal feroce Barbarossa. Questi per vendicarsi dell’affronto subito un decennio prima, il 22 giugno 1544, giunto nella baia della Scannella devasta il casale di Panza e da qui Forio e altri casali dell’isola. Circa duemila furono gli isolani uccisi o deportati come schiavi. Un cronista dell’epoca annota: “Anno Domini 1544 a dì 25 de junio in Sessa ce fo nova che la armata del Turcho de Barbarossa Capitanio de dicta armata havea abrusciata Proceta et un Casale de Ischia, quale haveano fatto presuni certi cristiani in su l’armata…”.